
Di Mattia Lasio
Fu un nuovo inizio, un concreto nuovo inizio. Le elezioni politiche che si svolsero tra il 18 e il 19 aprile 1948 rappresentarono quella ripartenza tanto agognata dall’Italia e dagli italiani, reduci da un periodo di grande difficoltà quale fu la Seconda guerra mondiale e da una esperienza fondamentale come quella della resistenza.
Le elezioni del 18 e del 19 aprile del 1948, ovvero le prime elezioni dell’Italia repubblicana, furono precedute da fasi cruciali della storia del nostro paese: il 2 giugno 1946 si tenne il referendum per scegliere se mantenere la monarchia o istituire la repubblica – con la scelta dell’opzione repubblicana – oltre che l’elezione della assemblea costituente, avente il compito di redigere la nuova costituzione, entrata successivamente in vigore a partire dal primo gennaio del 1948. Furono tre i partiti che emersero come le principali forze politiche nostrane: la Democrazia cristiana, il partito socialista di unità proletaria e il partito comunista italiano. La DC stava su posizioni filoamericane, differentemente dal partito socialista di unità proletaria e dal partito comunista italiano guardanti alla Unione Sovietica.
Nel maggio 1947 Alcide De Gasperi – figura chiave di quegli anni, la quale guidò il Paese verso l’alleanza atlantica e l’europeismo – ruppe l’alleanza con le sinistre sancendo la fine dei governi di ampia coalizione, a cui contribuì in aggiunta anche la crisi interna al PSIUP con la minoranza riformista di Giuseppe Saragat (futuro presidente della Repubblica italiana) che si staccò dando vita al Partito socialdemocratico, mentre i socialisti rimasti con Pietro Nenni cambiarono il nome in Partito socialista italiano.
Il Paese era interessato da un clima di grande entusiasmo e rinnovamento politico, dettato dalla fine del secondo conflitto bellico, grazie a cui grandi personalità politiche, uscite finalmente dalla clandestinità a cui erano stati costretti, poterono finalmente fare sentire nuovamente la loro voce e i loro ideali. Le elezioni dell’aprile 1948 videro la contrapposizione di due blocchi: quello della Democrazia cristiana, con gli alleati liberali, socialdemocratici e repubblicani e quello del Fronte popolare, lista unica all’interno della quale confluivano socialisti e comunisti. Il clima era teso, la campagna elettorale fu accesa, dura e volta alla demonizzazione dell’avversario. Le prime elezioni dell’Italia repubblicana vennero presentate come un bivio radicale, tramite una campagna elettorale portata avanti dalla Democrazia cristiana che fece fortemente leva sulle preoccupazioni per i regimi comunisti che si erano instaurati nell’Est dell’Europa. Tale tattica elettorale – che si proponeva l’allontanamento dello spettro del bolscevismo dall’Italia – si rivelò vincente e permise alla DC di aggiudicarsi la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi, caso unico della storia della repubblica. La Democrazia cristiana – la quale con le elezioni del 1948 inaugurò la fase politica del centrismo grazie al 48% dei suffragi – ottenne particolari consensi nelle regioni centro-meridionali della penisola, a discapito del Fronte popolare che guadagnò il 31% dei voti, perdendo circa due milioni di consensi rispetto a due anni prima, ovvero rispetto al 1946.
Le prime elezioni politiche della Italia repubblicana segnarono un nuovo corso della storia nostrana, una ripartenza che toccò il suo apice con il miracolo economico. Rappresentarono appieno quel desiderio di rinnovamento e gioia della popolazione dopo le amare conseguenze causate dall’affermazione del fascismo e dallo scoppio della Seconda guerra mondiale. Furono l’atto zero di una nazione ancora desiderosa di gioia, di spensieratezza, trepidante per i grandi duelli –memorabili furono in quell’arco temporale le sfide tra il ‘’laico’’ Fausto Coppi e il ‘’cattolicissimo’’ Gino Bartali sulle strade del Giro d’Italia e del Tour de France – e capace di farsi sorprendere positivamente dalle novità e dal nuovo corso degli eventi. Un Italia passata ma che merita di essere ricordata. Una Italia passata ma bella perché risorta – con impegno e spirito di sacrificio – dalle proprie macerie e dai propri sbagli.