
Di Mattia Lasio
Nino Di Matteo è un magistrato che ha fatto della lotta alla mafia un credo, una questione di vitale importanza. Nino Di Matteo è un uomo che ha deciso di non tapparsi orecchie e occhi e di procedere nella lotta alla criminalità organizzata, come tante altre persone prima di lui. Perché sono state tante le persone che e hanno sfidato la mafia, rischiando e perdendo la loro stessa vita per cercare di capire cosa di cela dietro lo Stato nello Stato, ovvero cosa nostra. Il magistrato palermitano, in seguito ad una intervista con Andrea Purgatori durante la puntata risalente al 20 maggio della trasmissione Atlantide su LA7, è stato allontanato dal nuovo pool sulle stragi dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. Il motivo di tale provvedimento? Le dichiarazioni in cui Di Matteo sosteneva il coinvolgimento di figure esterne a cosa nostra nella strage di Capaci, in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta. De Raho non ha gradito le parole del magistrato palermitano, ritenendo la sua dichiarazione come una interruzione del rapporto di fiducia all’interno del gruppo creato dallo stesso De Raho. Di tanti provvedimenti presi, di tante scelte fatte, quella relativa a Di Matteo allarma. Allarma e, soprattutto, dispiace. Dispiace perché il contributo dato da Di Matteo in questi anni è stato fondamentale, prezioso e ancora più proficuo sarebbe potuto essere senza la scelta del procuratore nazionale antimafia. Si tratta di una decisione che lascia l’amaro in bocca. Di Matteo, che vive sotto scorta dal 1993, è colui il quale ha istituito il processo sulla trattativa stato-mafia, da alcuni è stato definito il ‘’nuovo Giovanni Falcone’’. Totò Riina, una delle figure principali all’interno di cosa nostra, disse che Di Matteo doveva morire, doveva fare ‘’la fine di quegli altri’’. E con l’espressione ‘’quegli altri’’ sappiamo fin troppo bene a chi si riferiva. Sono passati 27 anni dalla morte di Falcone, altrettanti da quella di Borsellino, ma il loro ricordo è ancora forte, più forte che mai e sempre maggiore sarà andando avanti. Il ricordo di due uomini che si sono battuti strenuamente per fare chiarezza su situazioni turpi, su contatti tra individui ritenuti ‘’intoccabili’’ – apparentemente – e la criminalità. Oggi più che mai siamo tutti Giovanni Falcone, siamo tutti Paolo Borsellino. Oggi più che mai siamo, e dobbiamo continuare a esserlo, tutti Nino Di Matteo, che da anni si batte per rendere pubbliche circostante e situazioni che nell’ombra ci sono state fin troppo tempo. La verità fa male, la verità spaventa e spaventa ancora di più la ricerca di essa. Ma la verità sa anche essere forte, dirompente, in grado di varcare limiti invalicabili e rappresenta un bene dal valore immenso che abbiamo di fronte. Bisogna solo avere il coraggio di guardarlo.