Di Mattia Lasio

Niccolò Machiavelli diceva che gli uomini, tutti nessuno escluso, sono cattivi e sleali di natura, e ben poco si può fare per cambiare questa situazione. Sarebbe bello dissentire su una tale affermazione ma il tempo, che si sa è maestro di vita, ci presenta ancora una volta un evento che rende difficile intravedere uno spiraglio di luce su certe dinamiche socio-comportamentali della sfera quotidiana. 17 maggio 2015, Ladispoli: una serata come tante, apparentemente, in cui si consuma una delle vicende più crude e cupe degli ultimi anni della storia italiana. La vittima porta il nome di Marco Vannini, ventenne, fidanzato con Martina Ciontoli, figlia di Antonio e sorella di Federico. Nell’abitazione si trovano anche Maria, madre di Martina e consorte di Antonio Ciontoli, e Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli. Marco Vannini si trova in una vasca, impegnato a farsi un bagno ristoratore e a veder spuntare dalla porta Antonio Ciontoli, padre della sua fidanzata Martina, con una pistola in mano che gli viene puntata addosso e da cui parte un colpo. Il proiettile arriva al torace e si rivelerà fatale. Le domande sono tante, scomode e fastidiose persino per chi prima di puntare il dito contro aspetta sino all’ultimo istante, nonostante l’evidenza. Cosa ci fa un padre di famiglia con una pistola in mano, carica, seppur lui continui a negare di sapere che essa fosse così, davanti al fidanzato della figlia che si lava e che, non si sa perché e per quale assurdo motivo, avrebbe chiesto proprio in quel frangente di vederne il funzionamento? Nessuno, sino ad oggi, è ancora riuscito a rispondere a questa domanda e tutte le altre che sono scaturite da una vicenda che sa di paradossale. In casa Ciontoli, in quel 17 maggio di quasi cinque anni fa, nessuno si è preoccupato di chiamare immediatamente i soccorsi. Nessuno. Sono stati tirati fuori tanti espedienti, sciocchi e fantasiosi, per non dare nell’occhio e per cercare di cavarsela. Si è parlato di caduta dalle scale, si è parlato di una puntura di un pettine, prima ancora di tutto ciò, si è data la colpa ad uno scherzo, a una burla vivace. Fossero tutte così le burle, ci sarebbe davvero da stare all’erta in qualsiasi istante, persino quando si è in casa della propria ragazza mentre ci si fa un bagno. I soccorsi sono stati chiamati troppo tardi e a nulla è servito il trasferimento in elicottero al Gemelli di Roma. A nulla. Come è nulla ciò che resta in mano alla famiglia di Marco Vannini, dopo che la pena di 14 anni richiesta per Antonio Ciontoli è stata ridotta a anni. Mala informazione, mala sanità e mala giustizia sono espressioni che chiunque ha sentito spesso, senza però essere riuscito a farci l’abitudine. Probabilmente stiamo assistendo, per l’ennesima volta, a un caso tutto italiano di amala giustizia di cui altre volte si è sentito parlare nel nostro Paese. Elementi che non tornano, ritardi, interrogativi privi di risposte. C’è chi accusa e chi si difende e nega. Un classico. In tutto questo un giovane di vent’anni, con una vita ancora da assaporare e approfondire, ha dovuto interrompere il suo cammino per uno ‘’sbaglio’’. Così almeno Antonio Ciontoli sostiene. Tra i Ciontoli si è parlato di destino: ‘’Era destino morisse, era destino andasse così’’. Con il termine destino si è soliti indicare una entità superiore che regola le esistenze di ciascuno secondo leggi imperscrutabili, immutabili e, spesso, incomprensibili. Proprio come questa storia avvenuta in una sera normale, in una abitazione normale, con persone assolutamente normali. Insomma, tutto perfettamente normale, un po’ come uno scherzo. Perché si sa, scherzando si dice e si fa tutto, anche un omicidio.