Chi è intellettuale non lo dice!

Di Mattia Lasio



 

La cultura, analizzando questo concetto dal
punto di vista antropologico, per risultare tale deve essere trasmessa e
condivisibile: condivisibile con un singolo, condivisibile con più individui,
condivisibile con una comunità e chi più ne ha più ne metta. Eppure, da tempo
immemore, la cultura è stata strumentalizzata per cause poco nobili e poco
credibili, come tanti altri settori e elementi di valore, finendo per essere
elitaria e pedante. In Italia, il livello di pesantezza e pedanteria della
‘’cultura’’ tocca picchi altissimi, preoccupanti e tremendamente – nel senso
letterale e pieno del termine – noiosi. Si parla parecchio del bisogno di nuove
idee, nuove leve, nuove iniziative che scuotano il ‘’bel paese’’ e le coscienze
e insomma, fino a qui, nulla da dire, tutto è bello, tutto è giusto ed
estremamente corretto. Sorge però spontaneo un dubbio, sottile quanto
significativo e scomodo: come si possono pretendere nuovi progetti di valore se
poi il valore di costoro non solo non viene apprezzato e riconosciuto, ma anche
boicottato e ignorato dai cosiddetti ‘’intellettuali’’?

 Un intellettuale dovrebbe, per
l’appunto, adoperare al meglio il suo intelletto per cercare di migliorare la
situazione nella quale si trova, nella quale vive e nella quale opera. Eppure,
come si può ben vedere, ciò non accade molto spesso. L’intellettuale di oggi,
come anche quello del passato e di questo passo anche del futuro prossimo, non
accetta il dialogo, non accetta il confronto e il dibattito, in virtù della
‘’cultura’’ di cui si fa paladino. Anzi, meglio precisare: l’unico paladino. La
domanda sorge spontanea – probabilmente anche la risposta riflettendoci un
minimo – e doverosa: è utile tutto ciò? E’ proficuo per il bene comune di cui
tanto si parla questo atteggiamento/ comportamento/ presa di posizione
(sciocca)?

Avere importanti basi didattiche serve se
non vengono adoperate per qualcosa di costruttivo, ma solo ed esclusivamente
per vantarsi di quanto si è ”bravi”, andando di conseguenza ad escludere chi
magari non ha avuto l’opportunità di ricevere una determinata formazione? A
cosa porta tutto questo se non alla spocchia ingiustificata e al nozionismo
fine a se stesso? Viviamo tempi complessi, tempi difficili ed estremamente
delicati. Mai come in questo momento sarebbe necessario proseguire e lavorare
assieme, lasciando da parte i propri intenti personali per portare avanti un
qualcosa che possa giovare anche ai posteri. Ludwig Wittgenstein, celebre
filosofo e logico austriaco, diceva: ‘’La filosofia non è una dottrina, ma
un’attività’’. Wittgenstein sottolinea l’elemento dinamico e attivo della
filosofia, sottolinea l’importanza di non rendere un dogma inattaccabile il
sapere che si è avuti l’occasione di far proprio. Chi è consapevole del suo
bagaglio, fatto arcinoto, non sente il bisogno di fare sfoggio di ampollosi
termini e complicate citazioni per ben apparire davanti a un uditorio,
tutt’altro: cerca di essere il più comprensibile possibile, in modo da
trasmettere le sue conoscenze e in modo da fare sì che gli insegnamenti dei
manuali di studio non nascano, si perdano e muoiano in salotti popolati da
falsi sapienti e falsi profeti. Morale della favola? Chi è intellettuale non lo
dice, fa!

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